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Lamberto Amadei racconta perché ha portato Salgari a Scuola

21 Aprile 2023
Categorie: Istituto Salesiano San Zeno, Istituto Tecnico Tecnologico, Scuola formazione professionale

Al funerale di Emilio Salgari si presentarono soprattutto i suoi lettori, centinaia e centinaia di lettori, che avevano divorato e vissuto le sue opere letterarie, attraversando oceani pullulanti di filibustieri dal cuore di pietra, sopravvivendo a terribili burrasche venute dall’inferno, vivendo a fianco di splendide fanciulle dai lineamenti del mare. Salgari quel giorno raggiunse l’immortalità. Grazie alla sua fantasia, fattasi letteratura, e di riflesso attraverso i suoi innumerevoli lettori, che talvolta si trasformano in autentici devoti, tant’è il magnetismo che la sua letteratura sprigiona, lo scrittore veronese ha sconfitto la morte e annullato il tempo. Emilio Salgari, come tutti i grandi geni della letteratura, quel 25 aprile del 1911, ha solcato l’ultimo mare ed è approdato nel presente eterno, rivivendo di continuo tra i suoi lettori di ogni epoca e spazio, che ancora e poi ancora si immergono nelle sue opere, mai sazi di avventura e di voglia di sognare.

Quando mi si pone la domanda del perché uno studente oggi dovrebbe leggere un libro di Emilio Salgari, verrebbe da rispondere aprendo una pagina a caso di un suo libro, mostrando poi gli effetti della sua letteratura negli occhi dei giovanissimi lettori sui banchi di scuola. Altro non occorrerebbe fare.

Una voce robusta, che aveva una specie di vibrazione metallica, s’alzò dal mare ed echeggiò fra le tenebre, lanciando queste parole minacciose…

La domanda giusta dovrebbe essere: perché l’autore d’avventura italiano più conosciuto al mondo non è annoverato nei grandi manuali di letteratura per le scuole? Basterebbe leggerlo in classe per capire che bisognerebbe fare di più. Sarebbe sufficiente mirare gli occhi degli studenti, mentre viene letta loro l’impresa del Corsaro Nero o di Sandokan per capire che viene fatto troppo poco. Gli occhi brillano, la curiosità ritorna a farsi viva.

La risposta è visibile a tutti, basta cercarla. Il grande evento che l’Istituto Salesiano San Zeno di Verona ha organizzato, grazie alla passione pura e disinteressata di chi crede da sempre negli effetti benefici della letteratura salgariana, può e deve diventare il punto di partenza per una rinata conoscenza dell’Autore. Questa “Settimana salgariana”, evento epocale in cui studenti, professori, esperti di Salgari hanno interagito assieme, per meglio divulgare le sue storie, non si può accontentare di essere il fine, bensì si deve caricare il peso di farsi umile mezzo per arrivare ad una nuova e definitiva tradizione salgariana completa, che riunisca appassionati, esperti e studenti di ogni scuola di ogni ordine e grado.

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Perché un evento del genere su uno scrittore d’avventura?

Descrizioni infinite, dettagliate e suggestive, di luoghi tetri e meravigliosi, mari cristallini, isole dorate, personaggi immensi dagli aspetti più bizzarri, animali, piante, fiori. Il tutto arricchito da dialoghi fulminanti, punte di lancia, schegge narrative che puntano all’essenziale.

I dialoghi sono quelli che più rimangono, i dialoghi quelli intensi, fatti di poche parole ma pesanti come pietre, di parole urlate perché smorzate dai venti forti, lanciate contro l’altro con una sana rabbia che sa di rito ancestrale, di legame con il passato. Nella letteratura d’avventura i dialoghi sono l’elemento chiave che serve per permettere al lettore di immedesimarsi con più coerenza nella storia narrata. I dialoghi, la parte di un testo in apparenza più tediosa, da saltare nel mondo della frenetica lettura moderna, in quel mondo risultano essere il viatico per entrare nelle sue viscere più profonde. Sono sovente scambi di battute dai mille significati – poche sillabe per infinti intenti comunicativi – che nel realismo moderno e contemporaneo risulterebbero fuori luogo, astruse come la letteratura stessa d’evasione, inutile per chi non ha tempo di lasciare il presente. Eppure nel lettore adulto, come in quello più giovane, molto più esigente di vita e di emozioni, quelle parole che escono con forza dai personaggi di quei mondi, dal più importante come dal più insignificante, si incollano nella memoria e non se ne vanno più. La trama si arricchisce, le emozioni si ingigantiscono, la lettura diventa viaggio.

Lo si vede in classe, durante le ore di lettura, le più noiose e insignificanti a detta dei più, che non appena la voce narrante lascia spazio alla voce vera di un personaggio in carne ed ossa, figura quasi mitologica nella sua potenza espressiva, l’attenzione ritorna, riappare un sorriso, l’occhio dello studente torna a brillare. Il dialogo permette il divertente utilizzo di più lettori, senz’altro, il tono regolare e monocorde di una sezione descrittiva viene, attraverso lo scambio di battute, spezzato e frantumato in mille pezzi, eppure tutto l’impianto narrativo ancora funziona, o per lo meno resiste, grazie al loro magistrale utilizzo.

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La letteratura d’avventura è forse, nonostante di questi tempi i giovani si dimostrino sempre più disinteressati alla lettura, sempre più rinchiusi nel loro realismo quotidiano, la breccia per entrare nelle loro anime, per far scattare quella molla che sì esiste, funziona, ma è sempre più nascosta nel profondo.

La letteratura d’avventura è letteratura d’evasione e di questo essa stessa deve andarne orgogliosa. Non deve aver timore di un’etichetta che molti critici utilizzano per sminuire la portata immensa che ha in seno; deve interrompersi, se si vuole lavorare affinché la letteratura faccia del bene, la sterile tradizione che punta ancora il dito contro questo mondo letterario, troppo leggero, fuorviante, non educativo.

Questo tipo di letteratura funziona perché in realtà, le prove le possono avere solo gli addetti ai lavori, chi vive in trincea con i ragazzi, giorno per giorno, nessun altro, è l’esatto opposto di quello che comunemente si crede. La letteratura d’avventura, utilizzo questa abbreviazione per comodità ma in realtà nasconde in sé una galassia non ancora del tutto esplorata, deve essere orgogliosamente una letteratura d’evasione, di fuga dalla realtà, di viaggio nel tempo. Ma questa letteratura attecchisce sui giovani non solo per questo motivo, il quale sarebbe utilizzato ancora una volta come motivo di scherno verso le nuove generazioni, peraltro inspiegabilmente, visti i limiti di una società che offre a livello immaginativo talmente tanto da non offrire nulla, ma anche e soprattutto perché, dietro le righe, nelle retrovie di questa letteratura, in realtà l’insegnamento è brace ardente e viva. Il lettore da sempre ha bisogno di maestri, reali o inventati, di consigli utili o meno utili, di moniti, di incoraggiamenti, di esempi concreti. Questa letteratura, se letta o insegnata o consigliata cum grano salis, offre un campionario di insegnamenti e quindi di valori che pochi altri generi letterari possono vantare. Qua sta la grande rivoluzione.

Ecco perché la letteratura fantastica, d’avventura o d’evasione. Ecco perché l’esotismo lontano, ancora oggi che lo si può raggiungere, ecco perché le imprese temerarie sui mari delle Antille, i viaggi negli immensi ghiacci del nord, gli scontri cavallereschi su neri galeoni, le vendette, le cacce ai tesori, le rivoluzioni in nome di un’isola che non c’è. Ecco perché Emilio Salgari e la sua letteratura per terra e per mare. Perché fa bene, diverte, distrae, fa compiere viaggi immaginari straordinari, ma oltretutto dispensa, senza la pretesa di essere ascoltata, una infinità di esempi di vita che possono tornare utili in qualsiasi tempo ed in qualsiasi società.

Tale meccanismo, complesso ma quanto mai naturale, lo si può scoprire nelle aule scolastiche, nella vicinanza con gli studenti, acerbi lettori prossimi alla vita adulta. La letteratura d’avventura li prende, li scombussola, li tiene ancora legati alla questione che conta, che è quella dell’utilizzo della facoltà immaginativa e del suo riscontro nel presente quotidiano. Quando la letteratura diventa bussola che attraversa i secoli, il miracolo si è compiuto. Il miracolo di Emilio Salgari è stato questo, l’aver lanciato nei secoli un mondo che non morirà mai, un mondo fatto di avventura, divertente e pauroso, ma anche di costante attaccamento al reale, alla società, alle questioni più importanti per l’uomo.

Gli studenti hanno risposto alla penna di Salgari, con poche parole, come i personaggi da lui descritti, ma con grande dedizione e voglia di lavorare, non pretendendo nulla, non aspettandosi nulla di straordinario nell’immediato.

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Un funebre silenzio regnava allora sul ponte della nave che era rimasta immobile sulle acque luminose; perfino il mare taceva e non mormorava più. Tutti gli occhi si erano fissati sul Corsaro Nero, la cui figura spiccava stranamente sulla linea grigiastra dell’orizzonte. Pareva che in quel momento, il formidabile corridore del grande golfo avesse assunto forme gigantesche.

Un esempio tra i tanti. Il passaggio chiave per avvicinarsi a comprendere l’importanza di tale letteratura, che non è solo d’evasione, bensì anche, se saputa leggere, d’enorme importanza per i principi che essa nasconde tra le righe. Con questo episodio, iconico nella sua tremenda epicità, non si scherza più, non ci si può più nascondere dietro il velo di una letteratura tutta leggerezza e distrazione, ma ci si eleva alle grandi vette della letteratura che conta, di quella che entra nell’intimo di chi legge. Di quella immortale. La figura enigmatica, quanto brutale e terrifica, quasi inumana, del Corsaro Nero, di cui tutti hanno timore e non solo reverenziale, di cui tutti i personaggi conoscono le gesta audaci e violentissime – già di per sé la violenza che si trova nell’opera salgariana conserva il sapore del sacro – e da cui tutti vogliono stare alla larga, in questo passaggio, da leggere a bassa voce, anche in classe con gli studenti, vi è un radicale rovesciamento interpretativo. Il Corsaro Nero smette di parlare, i gesti rallentano, i dialoghi diminuiscono, l’emozione si fa impenetrabile. La tensione è all’apice e lo si percepisce dai silenzi degli uomini dell’equipaggio, basiti essi stessi dall’immutabilità del loro Comandante, in un silenzio insopportabile per uomini di mare, forgiati dalle tempeste. Tutto è immobile. Il Corsaro nero piange la morte del suo fratello ucciso, come solo un eroe sa piangere, e prepara con una assoluta dignità, scalfita in poche smorfie del viso, l’atmosfera favorevole per la sacra celebrazione del funerale. Funerale scevro da ogni vittimismo o piagnisteo, un rituale preciso, costruito con poche battute, che porta l’emozione alle stelle e proietta il lettore in un altro mondo, dove il trascendente è ancora una parte importante nella vita di un uomo, del blasfemo rematore come del più audace dei filibustieri. Nulla avviene per caso nella vita del Corsaro Nero e lui ne è consapevole. Il famigerato terrore delle Antille non teme il giudizio dell’altro, per il suo vivere ardito e implacabile, non teme l’ira divina, per il suo disegno di vendetta assoluta, ma non è supponenza, superomismo ante-litteram, è così perché così dev’essere. La natura stessa della violenza, nel Corsaro Nero come nell’altro grande eroe salgariano Sandokan, è una violenza brutale, per nulla ammorbidita o censurata, che nasconde in sé il germe del bene, della giustizia, di una essenzialità umana che ha radici nell’andito più profondo della società degli uomini.

Il più violento e crudele tra tutti i filibustieri, il terrore degli Spagnoli, il più sanguinario marinaio della Tortuga, si lancia nell’impresa più impossibile che si possa mai realizzare, per un unico motivo, che pochi tra i suoi seguaci riescono a comprendere. Lo seguono ma non lo capiscono fino in fondo. L’impresa audace, che sfida ogni legge delle probabilità, che porta ad ulteriore violenza e morte, ha un’origine, quanto mai sufficiente per far scalare l’impossibile e l’ignoto. La pietas verso un fratello impiccato e lasciato tre giorni e tre notti a penzolare sulla piazza principale di una città che il Corsaro ha giurato di radere al suolo. Il corpo del suo fratello deve essere recuperato, e con dignità e giusti onori deve essere sepolto negli abissi. Prima della vendetta il Corsaro Nero vuole il funerale, vuole dare degna sepoltura al fratello, vuole regalare al mistero del mare la salma del Corsaro Rosso. Una inaspettata morale, quella del Corsaro, ancorata alla tradizione, alla tradizione dell’agire seguendo sempre alcuni punti fermi, mai negoziabili.

La letteratura d’avventura o d’evasione, come in questo passaggio, sbalza via di colpo tutti gli altri generi letterari e si fa portavoce di una necessaria riscoperta di valori immortali, pre-politici, essenzialmente umani, che urgono anche e soprattutto nel presente, negli animi dei giovani studenti di una scuola, che non comprendono ma percepiscono che qualcosa di imprescindibile esiste sempre dietro i comportamenti radicali e folli del Corsaro Nero. Nella figura del Corsaro, come dei suoi uomini più audaci, vi si trovano valori antichi come il mondo, come il coraggio, la lealtà, il senso dell’onore e la sete di giustizia, punti fermi ed essenziali per le loro vite, per quel mondo lontano, che possono però essere conservati anche nell’oggi, in un mondo che muta rapidamente ma che ha bisogno comunque di pilastri eterni, come il sole di Monpracem.

Ecco perché la letteratura salgariana funziona. Perché dietro il velo della piacevole evasione immaginaria, si trova tutto questo. Un mondo nascosto dietro un altro mondo. Non è poco.

Quando mi chiedono il motivo per cui ho portato la letteratura di Emilio Salgari in una scuola agli studenti di oggi, mi bastano pochissimi istanti per rispondere. Perché funziona e funziona per questo duplice motivo. Per l’importanza del viaggio d’evasione e per la necessità dell’ancoraggio al presente.

Lo scrittore veronese d’altronde, quel 25 aprile del 1911, sulle fiorite colline torinesi, spezzò quella sua ultima penna, seguendo forse un rituale antico, guardando dunque al passato, per la troppa sofferenza che non riusciva più a sopportare nel suo presente. Ma quella penna spezzata è servita per scrivere il futuro, il futuro di migliaia di generazioni che hanno voglia di vivere all’ennesima potenza, sulla tolda di navi inaffondabili, come nelle proprie grigie città, su scogliere baciate dal sole, a petto nudo, con gli occhi vividi di libertà, così come nella propria poltrona, a leggere un libro, a sognare e ad emozionarsi ancora e poi ancora.

Lamberto Amadei – Docente dell’Istituto Salesiano San Zeno

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